La laser rimozione dei tatuaggi tramite laser q-switch costituisce una straordinaria innovazione legata ad un a particolare tecnologia in grado di frammentare il pigmento dell’inchiostro, che pure è situato nel derma, senza lasciare esiti cicatriziali.

M a quali sono i meccanismi con cui ciò avviene? I principali studi cui fare riferimento sono quello di Taylor e Anderson comparso nel 1991 su Journal of Investigative Dermatology e quello di Ferguson, più recente, comparso nel 1997 sul British Journal of Dermatology.


Nello studio di Taylor, molto preciso e documentato,venivano eseguite biopsie su 57 tatuaggi (35 amatoriali e 22 professionali) prima del trattamento con laser q switch rubino e immediatamente dopo a 1, 5, 7, 11, 30, 90, 150 gg di distanza dalla seduta laser. I dati ottenuti venivano valutati con microscopia ottica ed elettronica.


Allo stadio iniziale si osservavano granuli di pigmento localizzati essenzialmente in fibroblasti perivascolari. Questi granuli erano costituiti da tre tipi di particelle, con diametro oscillante dai 2 ai 400nm. Le più frequenti erano di diametro approssimativo di 40 nm. Fatta eccezione per la presenza dei granuli, l’aspetto delle cellule contenenti il pigmento si presentava normale.


Le biopsie eseguite immediatamente dopo l’irradiazione, oltre a dimostrare la vacuolizzazione dei melanociti, mostravano ora la natura extracellulare del pigmento e, oltre ai tre tipi di particelle precedenti, la presenza di nuove particelle lamellate, di 25-40 nm. Le strutture circostanti (vasi sanguigni, ghiandole, vasi linfatici) apparivano normali. Solo a fluenze sopra i 3J/cm si assisteva all’omogenizzazione del collageno. Le biopsie eseguite mostravano ancora che entro la undicesima giornata tutti i granuli erano tornati intracellulari. Da 30 a 150 giorni si osservava la persistenza dei tre tipi granuli già descritti più il tipo lamellato, comparso dopo l’irradiazione, che rappresentava ora la quota preponderante. L’osservazione più interessante era l’assenza di correlazione tra dato clinico e dato istologico: i tatuaggi che clinicamente schiarivano di più erano quelli che mostravano la maggiore quantità di pigmento residuo.


Le conclusioni cui giungevano gli Autori erano che gran parte delle alterazioni osservate (compresa la comparsa dei nuovi granuli lamellati) erano dovute alla formazione di corpi gassosi dovuti alle alte temperature indotte dalle radiazioni laser (40-nsec). La rottura dei granuli di pigmento era conseguenza della rapida espansione termica con effetti di cavitazione. Una parte della eliminazione del pigmento veniva ascritta alla reazione infiammatoria determinata dal laser, quindi si trattava di una eliminazione che avveniva durante la desquamazione. La mancanza di correlazione tra dato clinico ed istologico non poteva essere giustificata con la fibrosi, (in grado di oscurare il pigmento) la quale era assente. Probabilmente si trattava di una redistribuzione del pigmento in granuli di dimensioni più piccole, con conseguente effetto ottico di schiarimento.


Un altro studio importante è quello eseguito da Ferguson nel 1997 su 22 tatuaggi amatoriali e 13 professionali trattati con laser neodimio Yag1064 e 532 (a seconda del colore). Prima dell’irradiazione laser il pigmento appariva contenuto nei lisosomi contenuti nel citoplasma delle cellule mononucleate, identificabili essenzialmente come fibroblasti. In seguito alla irradiazione laser si osservava la presenza di vacuoli alcuni contenenti pigmento extracellulare. Le biopsie eseguite da 48 ore a 90 gg dimostravano la scomparsa dei vacuoli e il progressivo ritorno del pigmento all’interno dei lisososomi dei fibroblasti e dei macrofagi. L’infiltrato infiammatorio presente ancora ad un mese di distanza, era scomparso a tre mesi. La comparsa dei vacuoli, che corrisponde clinicamente all’effetto popcorn caratteristico della laserterapia, sarebbe prodotto dalla formazione di materiali gassosi dovuti alla frammentazione sia delle cellule che del pigmento.


Come gli Autori precedenti, anche Ferguson ritiene non chiaro il meccanismo della scomparsa del pigmento e ipotizza che ciò sia dovuto alla energia liberata dal laser. Questa energia assorbita dal pigmento è in grado di provocare un innalzamento della temperatura e un fenomeno di “esplosione” che, tuttavia, viene dissipato cosi rapidamente da non provocare danni al collageno circostante, così da non determinare esiti cicatriziali. Gli Autori distinguono tra un pigmento situato in superficie che viene totalmente dissolto da un pigmento situato in profondità. Quest’ultimo viene sì frammentato in particelle più piccole le quali tuttavia vengono rifagocitate dai macrofagi e dai fibroblasti. Se una parte del pigmento rimane nella parte profonda del derma oltre il campo di penetrazione del raggio laser, possono formarsi i cossiddetti “ghosts”, fantasmi di tatuaggio.


In definitiva, gli studi istologici eseguiti confermano il fenomeno straordinario per cui un pigmento localizzato nel derma reticolare viene eliminato senza lasciare esiti cicatriziali, anche se più sedute sono necessarie quando i tatuaggi sono profondi e non sempre tutto il pigmento viene eliminato al 100%.

Dott. Giuseppe Parodi
Dermatologo Plastico a Genova