di Giuseppe Parodi Il progresso delle tecnologie in campo medico consente sempre di più di ottenere risultati migliori con minore invasività e sempre minore disagio per il paziente. Ciò costituisce un segno della attualità del concetto di dermatologia plastica, cioè di una dermatologia efficace sugli inestetismi senza rischi e sofferenze.
Un classico esempio è costituito dallo sviluppo della laseterapia per la rimozione dei tatuaggi.

Il tatuaggio è un’usanza sempre più diffusa nella nostra società, con motivazioni diverse, dal semplice fatto decorativo al desiderio di fissare in modo indelebile un evento importante dell’esistenza. Recentemente è entrato nell’uso anche il tatuaggio cosmetico per correggere inestetismi patologici spontanei quali per esempio la rifinitura dei bordi del vermiglione e il trucco definitivo del bordo palpebrale.

Il tatuaggio può essere professionale o amatoriale; in genere quello amatoriale ha un profondità più variabile e il colore è costituito da nero blu e rosso, cioè dai coloranti di inchiostro per penne a sfera. Esiste anche il tatuaggio di tipo traumatico, in cui il pigmento è costituito da particelle di carbone e di asfalto. I caratteri fondamentali che vanno considerati per la valutazione della tecnica di rimozione sono dunque la densità di colore, la profondità di pigmento, la policromia, il tempo di permanenza, le dimensioni e la forma.

Le metodiche più utilizzate in passato per la rimozione dei tatuaggi sono tutte più o meno tecniche invasive per che si basano sull’asportazione di strati cutanei: si va dalla salabrasione che consiste nell’applicazione di sodio cloruro dopo una dermoabrasione, alla stessa dermoabrasione pura, alla crioterapia, al peeling chimico, specialmente con acido tannico e nitrato d’argento. Anche il laser CO2 o il laser erbium funzionano tramite assorbimento della componente acquosa della cute con vaporizzazione dei tessuti; essi non sono dunque specifici per il pigmento e determinano quasi sempre esiti atrofici cicatriziali.

E’ solo con il laser Q-switch che tramite il meccanismo della fototermolisi selettiva si colpiscono i pigmenti del tatuaggio senza effetti termici sui tessuti circostanti; grazie all’effetto fotomeccanico i pigmenti stessi si disperdono nel derma e vengono fagocitati dai macrofagi. Il trattamento è così poco doloroso da non richiedere neanche l’applicazione di anestetico locale, gli esiti atrofici sono estremamente rari. Di tutti i laser Q-switch il più soft è costituito dal laser a neodimio, il quale tuttavia non è attivo sui tatuaggi a colore verde e giallo. Va riconosciuto comunque che la maggiore “dolcezza” di questo trattamento è compensato dal maggior numero di sedute necessario e quindi, complessivamente, da un costo più elevato.

dr Giuseppe Parodi
Dermatologo in Genova