di Giuseppe PArodi Le teleangectasie (volgarmente dette “capillari”) degli arti inferiori sono una patologia estremamente frequente di cui si occupano sia il dermatologo che lo specialista vascolare. Negli ultimi anni la comparsa sul mercato di nuovi laser ha sensibilmente modificato il quadro della terapia dei capillari affiancando alla ormai tradizionale scleroterapia la coagulazione degli stessi mediante il principio della fototermolisi selettiva. Tutto ciò ha costituito un innegabile progresso, ma tuttavia, lungi dal rappresentare la risoluzione definitiva, ha creato nuove problematiche e ingenerato confusione nei pazienti.
L’indubbio progresso tecnologico che consente di evitare l’uso delle tanto aborrite siringhe e delle iniezioni non ci deve far dimenticare l’aspetto propriamnete medico della questione e cioè che le teleangectasie sono spesso il risultato di un problema vascolare senza la cui risoluzione il laser si dimostrerà inefficace. Pertanto, è sempre bene che il dermatologo impari a valutare il paziente eseguendo se necessario delle indagini atte a dimostrare eventuali situazioni di riflusso, trattando prima dei capillari le varicosità e le vene reticolari, per le quali le iniezioni sclerosanti rimangono ancora la terapia di elezione.

Il ruolo del laser nel trattamento delle teleangectasie dei capillari delle gambe si presenta più problematico rispetto a quello del viso per la presenza della pressione idrostatica e la maggiore profondità dei vasi, inoltre la coagulazione eseguita dal laser può non essere sufficiente alla distruzione di tutto lo spessore del capillare, determinando in questo modo una ricrescita dello stesso. Non esiste in pratica la possibilità di trattare tutti i tipi di capillari con un laser unico e ciascuno di essi presenta dei limiti legati alla sua lunghezza d’onda e alla durata dell’impulso.

Il laser Ktp lavora a 532nm, ha un buon assorbimento della melanina, ma ha una capacità di penetrazione limitata, per cui è adatto per i vasi più superficiali e le teleangectasie rosse. Inoltre l’elevato assorbimento di melanina a questa lunghezza d’onda aumenta il rischio di danni epidermici in pazienti con carnagione scura.

Il dye laser tradizionale (585nm) è molto efficace nel trattamento dei vasi sottili e in particolar modo nel matting post scleroterapia che rimane una delle principali indicazioni per questo laser. Trattasi comunque di un laser ad alto costo il cui impiego avviene essenzialmente per gli angiomi piani.

Il laser a diodo sfrutta l’elevato assorbimento di emoglobina a 915nm e consente attraverso un aumento della durata dell’impulso di trattare agevolmente vasi di una certa profondita soprattutto di colore blu; i vasi molto sottili di color rosso rispondono con più difficoltà. Allo stesso modo i laser Nd:yag che lavorano a 1.064 possono trattare con basso rischio (a causa dello scarso assorbimento della melanina) le teleangectasie di 1-2mm e anche vasi di medio calibro di una certa profondità.

Tutti i tipi di laser descritti richiedono il raffreddamento a causa delle elevate fluenze che sono necessarie per questo tipo di patologia.

Spesso il trattamento laser deve essere associato alla scleroterapia per poter trattare con successo le vene reticolari e le varici nutrici delle teleangectasie, qualora queste siano presenti; solo l’integrazione delle due metodiche consente dei risultati duraturi.

Nella nostra esperienza il trattamento laser viene spesso chiesto dalle pazienti deluse dalla scleroterapia o insofferenti alle iniezioni; noi consigliamo il trattamento con dye laser per il matting teleangectasico post sclerosante e i capillari di calibro finissimo. Le teleangectasie blu e rosse di calibro mediopiccolo rispondono bene al trattamento con laser 980 in circa due sedute. Qualora siano presenti segni chiari di insufficienza venosa effettuiamo un preventivo inquadramento del paziente in collaborazione con lo specialista vascolare.

Dr. Giuseppe Parodi
Dermatologo in Genova