E’ estate e noi tutti usiamo al mare (ma anche in montagna) i filtri solari comprati spesso come un qualsiasi prodotto di consumo. In realtà i filtri solari, aldilà della semplice protezione ai fini di evitare scottature, costituiscono un presidio medico nella cura molte affezioni dermatologiche e nella prevenzione dell’invecchiamento cutaneo. E’ sempre più frequente che venga chiesto al dermatologo un consulto non solo sul fattore del filtro solare ma anche sul prodotto cosmetico da utlizzare in rapporto al tipo di pelle.
Infatti nella valutazione del filtro solare non è importante solo la composizione chimica ma anche la formulazione, cioè se il prodotto è costitituito da un olio, da una crema, da una lozione, da un gel, da uno stick.
Le sostanze atttive in grado di proteggere la cute sono di tipo chimico o fisico. Tra le prime sono molto utilizzati i cinnamati, (anche se recentemente sono stati introdotte nuove sostanze quali il tinosorb e il mexoryl) mentre le seconde (ossido di zinco e biossido di titanio) sono diventate di gran lunga le più diffuse nei filtri ad alta protezione che sono poi quelli più frequentemente prescritti dal dermatologo.

Gli oli “abbronzanti” sono i filtri solari più primordiali (nell’Antica Grecia si usava una mistura di sabbia e olive per prevenire le scottature) ma hanno un SPF (fattore di protezione solare) molto basso (2-4).

Le lozioni sono formulazioni molto in voga negli States (meno da noi) che possono costituire un filtro solare, a patto che il prodotto sia stabile e consumato entro la scadenza. Per aumentare il fattore di protezione, tuttavia, è necessario aumentare la concentrazioni dei principi attivi che sono in genere lipofili; ciò aumenta il grado di untuosità del prodotto e quindi riduce la sua gradevolezza cosmetica. Un miglioramento lo si è avuto con l’introduzione dei siliconi liquidi.

Le creme e gli unguenti possono garantire un fattore di protezione alto ma non sono molto amati perchè troppo grassi; tuttavia in Italia hanno un largo mercato e costituiscono una frequente prescrizione dermatologica.

I gel sono formulazioni molto apprezzate soprattutto dal pubblico maschile; tuttavia i gel, potendo incorporare solo principi attivi solubili in acqua hanno un SPF limitato; inoltre proprio per le loro caratteristiche intrinseche, non possono essere resistenti all’acqua. Essendo costituiti da polimeri possono interagire con il materiale dei contenitori, producendo un abbassamento del fattore di protezione.

Un prodotto relativamente nuovo è costituito dagli spry. La protezione consentita dagli spry è tuttavia modesta a causa dei problemi costituiti dalla formazione del film sulla pelle: per consentire una adeguata protezione il prodotto deve essere steso opportunamente sulla superficie cutanea.

Gli stick si ottengono aggiungendo ai principi fotoprotettivi cere ed oli, sono i migliori filtri solari sia per la resistenza all’acqua si a per la possibilità di costituire un film stabile sulla pelle. Inoltre a causa della scarsa biodegradabilità possono essere utilizzati senza problemi in tutte le condizioni climatiche; sono anche molto tollerati dagli atopici e dalle pelli sensibili.

Un aspetto molto importante nella scelta dei filtri solari è costituito dalla cossidetta water-resistence, cioè la resistenza all’acqua. Questa viene valutata testando il SPF di un filtro dopo quaranta minuti di contatto con l’acqua e dopo due applicazioni ripetute del filtro. Se il fattore di protezione rimane immutato, il filtro solare può dirsi acqua-resistente.

La tecnologia cosmetica si basa su molteplici principi per formulare un filtro solare resistente all’acqua:
– il primo è quello è di costituire filtri in fase oleosa, non miscibili con acqua, i quali tuttavia sono poco graditi dai pazienti (a parte gli oli siliconici);
– il secondo è quello di usare nelle preparazioni contenenti biossido di titanio dei cross-polimeri di acrilato o dei gel a cristalli liquidi;
– mentre il terzo si basa sull’uso di fosfolipidi che siano simili al sebo umano e che creino sulla pelle un film resistente all’acqua. Tuttavia i filtri water-resistence possono spesso andare incontro a dei problemi, che riguardano o la sostantività (cioè la loro capacità di aderire alla pelle) oppure la capacità dei filtri fisici di rimanere incorporati dentro il film lipidico. Per valutare la resistenza all’acqua la Draelos raccomanda di eseguire il test del bicchiere: applicare il filtro sulla superficie del bicchiere e dopo riempirlo d’acqua; se l’acqua rimane limpida, il filtro funziona.

Un altro problema è costituito dalle interazioni fra i fattori di protezione e il recipiente degli stessi, sospettabile quando il prodotto assume un colore giallo chiaro o marrone scuro. Questo cambiamento di colore si avverte soprattutto con il metossicinnamato, il quale se esposto alla luce diventa instabile; a ciò si cerca di ovviare aggiungendo altri filtri fisici o chimici.
E’noto ancora che il polistirene e il poletilene a bassa densità possono assorbire i filtri UV. Inoltre va rilevato che il biossido di titanio o l’ossido di zinco micronizzati sono “sospesi” dentro il veicolo (crema o lozione, ecc): solo se il prodotto viene utilizazto entro la scadenza tale sospensione rimane intatta.

In definitiva, da questa breve carrellata si può concludere che un buon filtro solare è quello che unisce alla capacità di mantenere il più possibile il SPF promesso la gradevolezza e accettabilità cosmetica così importanti per il normale consumatore.

Dr. Giuseppe parodi
Dermatologo in genova