di A. Bordoni – P. Biagi

Non solo sotto il termine di integratori vengono classificate diverse categorie di prodotti, ma all’interno di ogni categoria è presente un numero elevatissimo di prodotti commerciali. Questo può determinare un notevole imbarazzo quando si vorrebbe consigliare un integratore, ma nel “mare magnum” dell’offerta è difficile identificare la scelta corretta. Scelta corretta che è estremamente importante, perché ad essa è legata la possibilità di efficacia dell’integratore stesso.


Il problema non è semplice, ma è possibile stilare poche semplici regole da seguire per dare il consiglio giusto.


1.       Valutazione del sintomo. Benché molto spesso le malnutrizioni subcliniche determinino una sintomatologia aspecifica, nel senso che essa non è caratteristica della carenza di un solo nutriente ma può essere comune a carenze diverse, esiste pur sempre una relazione causa-effetto. Pertanto la prima valutazione da fare è quali principi nutritivi possono essere correlati con la sintomatologia che si presenta. Ad esempio, se si vuole prescrivere un integratore che contrasti il fotoinvecchiamento cutaneo si potrà considerare un integratore di antiossidanti. Altri tipi di integratori, ad esempio un integratore di potassio, non avendo connessioni con la sintomatologia sarebbero senza effetto.


2.       Valutazione alimentare. Poiché l’integratore nasce, per definizione, per integrare la normale alimentazione qualora essa sia carente di uno o più principi nutritivi, o sia aumentato il fabbisogno di uno di essi, è bene valutare le abitudini dietetiche e di vita del paziente. Ad esempio, chi non assume latte e derivati potrebbe essere in carenza di calcio, chi non consuma frutta e verdura di vitamina C e di fattori antiossidanti. Per quanto riguarda l’aumento dei fabbisogni, l’intensa attività fisica, e quindi la profusa sudorazione, potrebbe sottintendere la necessità di un integratore di sali minerali quali potassio e magnesio, mentre i fumatori hanno una maggiore necessità di vitamina C. In tutti i modi, se si evidenziano carenze alimentari, è necessario cercare di correggere le abitudini dietetiche: l’integratore non è una scusa per mangiare in modo scorretto.


3.       Biodisponibilità dei componenti. Occorre ricordare sempre che quello che conta non è la quantità dei componenti presenti nell’integratore, ma la quantità di questi che viene assorbita a livello gastroenterico, e che è presente in una forma utilizzabile da parte dell’organismo. Un esempio può essere quello dei prebiotici: l’indicazione della quantità di microrganismi alla data del confezionamento (espressa di solito in UFC, unità formanti colonie) non è sufficiente per stabilire la validità del prodotto, in quanto i microrganismi muoiono col tempo. E’ importante conoscere il numero di UFC alla data indicata come scadenza del prodotto, al fine di essere sicuri che esso sia potenzialmente efficace per tutto il periodo di commercializzazione. Purtroppo molti componenti degli integratori, in pratica tutti quelli che non rientrano nella categoria dei nutrienti “classici” (proteine, lipidi, carboidrati, vitamine e minerali) possono avere problemi di biodisponibilità. Anche i nutrienti “classici” possono avere questi problemi, ma esistono molti studi a riguardo. Per gli altri componenti bioattivi, invece, molto spesso si conosce poco circa la biodisponibilità. In questo caso può essere importante verificare se il produttore, prima di commercializzare il prodotto, ha eseguito studi di biodisponibilità dei componenti, e con quali risultati. Se esistono dati a riguardo, essi devono essere forniti: la dicitura “è ben assorbito” non è sufficiente, occorre una dimostrazione!).


4.       Dose giornaliera. La posologia è importante per l’integratore quanto per il farmaco. Occorre valutare se la posologia indicata sulla confezione è corretta. Per quello che riguarda i nutrienti per cui esiste un LARN (o una RDA), si ritiene corretta una quantità che si avvicini al 100% del LARN stesso. Dove non esiste questo dato, occorre chiedere spiegazioni al produttore: la serietà di chi produce impone che, prima di formulare un integratore, venga eseguita per lo meno una ricerca dei dati di letteratura scientifica circa quella che si è dimostrata essere la dose efficace di quel componente nell’uomo. Microdosi sono senza effetto, megadosi possono essere tossiche o determinare effetti diversi da quelli voluti. Questo vale anche per i cosiddetti “estratti vegetali” o componenti vegetali e/o naturali: non è assolutamente vero che quello che è naturale non è tossico!